Michele Misseri sta per tornare in libertà dopo aver scontato la sua condanna per occultamento di cadavere
È stato per anni uno dei volti più tristemente noti della cronaca nera italiana e adesso, tra poche settimane, Michele Misseri potrebbe uscire dal carcere e ricominciare una nuova vita. Sono passati quasi quattordici anni anni dall’omicidio della giovane Sarah Scazzi, un delitto che fin dalle prime ore è stato seguito dai giornali di tutta la nazione, e che nei mesi seguenti ha portato alla luce una delle storie di sangue più controverse e famose del nostro paese.
La prima vera svolta alle indagini arrivò quando lo zio della ragazza, Michele Misseri, consegnò un cellulare che affermava appartenere alla nipote, settimane dopo la sparizioni. Un ritrovamento che insospettì molto gli inquirenti che in poche settimane riuscirono a far confessare l’uomo che ammise di essere stato lui a uccidere la nipote.
Misseri però durante gli interrogatori successivi finì per cambiare versione, coinvolgendo la figlia Sabrina e la moglie, le vere autrici del delitto. L’uomo raccontò di come fosse stata in realtà lei ad uccidere la giovane, spiegando come l’intento della sua prima confessione fosse quello di proteggere la figlia e la moglie, anch’essa coinvolta nell’omicidio della nipote.
E i magistrati gli hanno in seguito dato ragione, perchè fu la figlia Sabrina ad essere riconosciuta, insieme alla madre, come la vera autrice dell’omicidio, mentre Misseri venne in seguito condannato per occultamento di cadavere. L’uomo dovrebbe uscire dal carcere a fine febbraio, avendo scontato gli otto anni di pena previsti anche grazie alla buona condotta. Negli anni però, come ha scritto il giudice di sorveglianza nella sua ordinanza, Misseri si è anche lamentato più volte delle condizioni in cui veniva detenuto.
Come scrive il giudice Misseri “lamenta l’inumanità delle condizioni della detenzione nel periodo dal 9 marzo 2017 al 14 ottobre 2022. Il condannato assume che, in tale periodo, è stato detenuto in cella in cui: non vi erano 3 metri quadrati a disposizione per ciascun detenuto e non vi era l’acqua calda nei bagni né era presente la doccia”.