Il Corviale si è trasformato per una notte in una scena del crimine: l’agguato mortale ha fatto una vittima e un ferito.
Si chiamava Cristiano Molè il 33enne ucciso al Corviale lunedì 15 gennaio, tra Via Ettore Ferrari e largo Edoardo Tabacchi a Roma. La compagna ha assistito ad una scena drammatica, mentre un 30enne presente con loro ha ricevuto un colpo di pistola in direzione gambe, ma non è in pericolo di vita.
Una Fiat Panda bianca (non ancora identificata) è stata usata per commettere l’omicidio, dal quale sono stati esplosi vari colpi di arma da fuoco (si ipotizza siano stati almeno 10) in sequenza verso il corpo di Molè. L’altro ragazzo è stato invece trasportato al San Camillo per ricevere le cure necessarie.
Ci sarebbe un regolamento di conti alla base del tragico evento: già nel 2014 la vittima era stata gambizzata a Bravetta (quartiere di Roma Ovest) e ora sarà premura dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci indagare sull’accaduto, dopo aver provveduto ai rilievi tecnico scientifici.
Li coadiuveranno i carabinieri del Ros e il pm Mario Palazzi, appartenente al pool dei magistrati antimafia.
«Mi avete rovinato la vita pezzi di merda, non ho più neanche casa ora»: questa la reazione della compagna di Cristiano Molè, testimone dell’ennesimo omicidio brutale registrato nel hinterland romano, dopo quello di pochissimi giorni fa riguardante il giovane Alexander Ivan, rimasto vittima in un regolamento di conti tra cittadini originari dell’est Europa.
A dover far chiarezza saranno le testimonianze dei familiari, che dovranno essere rilasciate nelle prossime ore. Assieme a quest’ultime, decisive saranno le registrazioni delle videocamere di sorveglianza della zona.
Difficile invece che si possa contare sulla collaborazione dei residenti del posto. Secondo quanto riportato da Repubblica, diversi cittadini si sono rifiutati di rilasciare dichiarazioni per paura di possibili conseguenze. «Io so meticcio, de ste cose non mi impiccio»: questa la risposta di un ragazzo che osservava da lontano, impaurito dalla truce realtà della criminalità romana.