Ciccio e Tore, tutto riaperto: emergono nuove prove | La sorella è sicura: “Non erano da soli”
La sorella di Ciccio e Tore torna a parlare dopo 18 anni dalla tragedia di Gravina: per lei, i due ragazzini non erano soli quel giorno.
Sono passati 18 anni da quel drammatico giorno del 2006 che pose la parola fine all’esistenza di Ciccio e Tore, i due ragazzini pugliesi che furono ritrovati in un pozzo a Gravina di Puglia (Bari). La sorella, Filomena Pappalardi è tornata a parlare e a presentare delle inquietanti novità.
Infatti, secondo quanto emerso dall’intervista rilasciata al “Messaggero”, Filomena è convinta che che quella sera i fratellini non erano soli, nel mentre si accingevano ad esplorare la ‘casa delle 100 stanze’.
“Ciccio e Tore non erano da soli. Abbiamo le prove”, proseguendo poi il racconto con un incisivo: “Siamo in possesso di prove scottanti, siamo pronti a portarle in Procura”.
Secondo quanto riportato da ‘Repubblica’, i legali di Filomena e della madre Rosa Carlucci -l’avvocato Giovanni Ladisi e il consulente Rocco Silletti- starebbero per depositare la richiesta di riapertura delle indagini alla Procura di Bari.
La testimonianza della madre Rosa: coinvolti anche i genitori?
Rosa Carlucci, la madre dei bimbi, avrebbe raccolto insieme in un fascicolo delle prove schiaccianti che incastrerebbero diverse persone. Quello che segue è lo stralcio emerso dalla sua intervista a La Repubblica.
“Si ipotizzava che dei ragazzini stessero giocando con i miei figli in quel posto”, e per “quel posto” si intende proprio la ‘casa delle 100 stanze in cui i bambini amano rifugiarsi per giocare a nascondino o per “cacciare i fantasmi”.
“Noi abbiamo scoperto perché sono stati reticenti nel parlare. Abbiamo trovato nuovi elementi completamente diversi rispetto a prima. Non è stato un gioco tra bambini, c’è ben altro. E poi si ipotizza che uno dei colpevoli abbia utilizzato un compensato in legno per nascondere la buca profonda di 20 metri dove i miei bambini sono caduti: questo fa molto male.”
Quindi prosegue confidando di essere in possesso del “nome di chi potrebbe aver causato la loro morte”, accusando che “oltre ai bambini potrebbero esserci i loro genitori dietro questa storia”.