La famiglia dell’allieva dei carabinieri 25enne che si è suicidata nella scuola ad Aprile, ha scritto una lettera alle forze dell’ordine, per denunciare il clima in cui era costretta a vivere la ragazza.
Non si arrende la famiglia dell’allieva dei carabinieri di 25 anni che si è tolta la vita il 25 Aprile del 2024 nella scuola dei marescialli di Firenze. I familiari infatti della donna morta suicida ritengono che ad aver portato la figlia a compiere un gesto così estremo, sia stato il clima tossico a cui è stata costretta a sottostare per anni nel suo percorso per entrare nelle forze dell’ordine, e la difficoltà ad affrontare le pressioni e le regole della scuola che frequentava: “Vogliamo manifestare la nostra totale disapprovazione nei confronti di un sistema costituito da gerarchi inseriti in un contesto che non manifesta valori umani”.
Lo hanno fatto con una lettera inviata all’Arma dei carabinieri, in cui precisano inoltre che lo scopo della loro denuncia non è quello di individuare possibili colpevoli per il suicidio della 25enne, ma piuttosto aprire uno squarcio su un sistema che la stessa giovane aveva confidato ai genitori di trovare “rigido e totalitario”: “Avendo già avuto esperienza di vita militare, prima nella Marina Militare e poi nell’Arma dei Carabinieri, si era convinta che il regime di trattamento così restrittivo rientrasse nella logica di un periodo propedeutico iniziale atto a testare in prima battuta le capacità di resilienza dei futuri marescialli ma purtroppo questo non corrispondeva a realtà: le condizioni di pieno inasprimento e i ritmi di vita serrati sono continuati”.
Molte regole che doveva seguire la ragazza inoltre, avevano validità anche fuori dalla caserma e dai suoi obblighi professionali. E anche il suo vestiario nelle libere uscite veniva messo in discussione: “Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto e che li stava perdendo. Diceva sempre più spesso alla mamma ‘questa scuola mi sta rovinando la vita’”