Per l’incriminazione di Andrea Favero, accusato dell’omicidio della comapgna Zanolo, sono state decisive le telecamere poste sul tratto autostradale in cui la donna è morta precipitando nel vuoto.
Sarebbero state le telecamere posizionate sul tratto autostradale dove Giada Zanola è precipitata nel vuoto, a incastrare il suo compagno Andrea Favero, un uomo di 38 anni, che con la donna aveva anche un figlio di 3 anni, arrestato e portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Giada Zanolo era precipitata da un cavalcavia alcuni giorni fa, e inizialmente gli inquirenti avevano ipotizzato che la donna si fosse suicidata.
Già dopo alcuni giorni di indagine però era emerso il rapporto sempre più conflittuale che avevano con il suo compagno e che sarebbe stato anche caratterizzato in passato da episodi di violenza. Elementi che hanno iniziato a direzionare le forze dell’orine su una pista diversa da quella dell’omicidio.
Favero nell’interrogatorio non ha ammesso l’omicidio della compagna, ma ha parlato però di un litigio che avevano avuto raggiungendolo proprio su quel tratto autostradale, fornendo una versione poco chiara di quei momenti. Agli inquirenti ha infatti dichiarato: “Lei mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva dicendo che mi avrebbe tolto il bambino e non me lo avrebbe più fatto vedere. (…). Ricordo che siamo scesi dall’autovettura, ma qui i ricordi si annebbiano perché ricordo solo che mi continuava a ripetere che mi avrebbe tolto il bambino, ma non ricordo se e come ho reagito”
Per gli investigatori ci sono troppe lacune nel racconto fornito dall’uomo che avrebbe anche tentato di depistare successivamente le indagini, scrivendo un messaggio alla moglie, chiedendole quando fosse tornata, al solo scopo di allontanare da lui i sospetti. E per i magistrati, ciò che lo ha spinto ad ucciderla spingendola giù dal cavalcavia, era il suo forte attaccamento al figlio: i due a quanto pare si stavano separando e lui viveva nel timore che lei gli impedisse di vedere il loro bambino.