Giada Zanola, arrivano le prime ammissioni del compagno: “Mi avrebbe tolto il bambino”
Il compagno di Giada Zanola, ha rilasciato le prime ammissioni su cos’è davvero accaduto la sera che la sua compagna è precipitata dal cavalcavia.
Andrea Favero, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere nei giorni scorso, ha rilasciato la prime parziali ammissioni su cos’è davvero accaduto la notte della morte della sua compagna Giada Zanola, precipitata da un cavalcavia nel tratto autostradale A4 di Vigonza, un comune che si trova in provincia di Padova. Inizialmente infatti, la tesi degli inquirenti era che la donna si fosse suicidata, ma dopo il primo interrogatorio fatto in quelle ore al 39enne, sono iniziato ad emergere dei dubbi su questa pista.
Troppe infatti le contraddizioni contenute nella versione che Favero ha fornito alle forze dell’ordine, affermando di essersi accorto che la compagna non era tornata quella sera solo la mattina dopo. Sono state decisive in tal senso, le immagini acquisite dalle telecamere poste sul tratto autostradale che hanno smentito quanto aveva dichiarato inizialmente, e lo avevano invece ripreso in compagnia della Zanola in quella zona. Una situazione che ha portato in seguito il Gip ad emettere un’ordinanza di custodia cautelare nei suoi confronti in quanto erano stati rilevati “gravi, precisi e concordanti indizi di colpevolezza a suo carico”.
Il racconto di Favero agli inquirenti: “Mi sbraitava addosso dicendomi che mi avrebbe tolto il bambino”
E dopo pochi giorni, Favero ha accettato di parlare con gli inquirenti, ammettendo di aver portato la donna nella zona del cavalcavia, dirigendosi insieme a lei nella “ringhiera che si affaccia all’autostrada”.
E durante gli ultimi interrogatori Favero ha approfondito ancora di più cosa è accaduto quella sera: “Ricordo che martedì sera eravamo a casa, poi però abbiamo cominciato a litigare e Giada si è allontanata a piedi verso il cavalcavia che dista circa un chilometro da casa. Io ho preso l’auto e l’ho seguita raggiungendola dopo pochi metri e facendola salire per portarla a casa. Continuavamo a litigare, mi sbraitava addosso come spesso ultimamente faceva dicendo che mi avrebbe tolto il bambino. A quel punto ricordo che siamo scesi dall’auto. Non ricordo se siamo saliti sul gradino della ringhiera che si affaccia sull’autostrada”