Omicidio Giada Zanola, si complica la situazione di Favero: cosa ha rivelato l’autopsia
Emergono nuovi dettagli sulla morte di Giada Zanola, che sembrano aumentare ancora di più i sospetti che sia stato il compagno a spingerla nel vuoto da quel cavalcavia.
Arrivano delle importanti novità sul caso di Giada Zanola, la donna precipitata da un cavalcavia in provincia di Padova, e per la cui morte è imputato il compagno Andrea Favero. Subito dopo la scoperta del suo cadavere infatti, le indagini degli inquirenti si indirizzarono sul compagno, che fin dai primi giorni ha fornito una versione su quello che era accaduto la sera precedente la morte della compagnia, che non aveva mai convinto del tutto gli investigatori.
E così dopo alcuni interrogatori, gli inquirenti sono riusciti a far ammettere all’uomo che quella sera erano andati insieme in quel tratto autostradale, e che tra lui e la Zanola era scoppiata l’ennesima lite.
A quel punto, Favero ha però raccontato agli inquirenti che era molto agitato in quel momento, in quanto temeva che la compagna gli impedisse di veder il figlio, dato che erano ormai vicini a separarsi,e di non ricordare più nulla di quelle sera. Dichiarazioni che hanno portato le forze dell’ordine ad incriminarlo con l’accusa di omicdio. Anche perché c’era molta tensione tra i due ormai da diverso tempo.
Il sospetto degli inquirenti
Come hanno raccontato infatti le amiche della donna, il rapporto di coppia tra i due burrascoso, con la Zanola che aveva anche confidato loro che temeva che Favero stesse anche cercando di avvelenarla.
Un sospetto che sembra adesso confermato dalle ultime analisi portate avanti dalle forze dell’ordine. Le analisi fatte sul cadavere della donna hanno infatti rivelato come nel suo corpo vi fossero benzodiazepine. Un particolare che aveva insospettito subito gli investigatori, in quanto non risultavano prescrizioni a carico della Zanola. Ma si è in seguito scoperto che invece proprio Favero è riuscito ad assumerli regolarmente, e adesso il sospetto è che sia stato lui a drogare inconsapevolmente la compagna da tempo fino a quella tragica lite sul cavalcavia.