È stato l’avvocato di alcuni familiari delle vittime, Vieri Adriani, a spiegare perché è necessario riaprire il caso e fare dei nuovi accertamenti.
A distanza di quasi quarant’anni dai cruenti omicidi compiuti tra il 1968 e il 1985, di quello che è diventato ben presto uno dei casi di cronaca nera più famosi e conosciuti nel nostro paese, potrebbe esserci una nuova svolta nel giallo del mostro di Firenze. La notizia arriva dall’avvocato Vieri Adriani, che rappresenta i familiari di alcune delle vittime, e che raccontato ai giornalisti come “un Dna sconosciuto è stato isolato su uno dei proiettili usati nell’omicidio di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime vittime del mostro di Firenze. Un Dna che ricorre anche sui proiettili di altri due delitti. Potrebbe aprire nuovi scenari nel giallo infinito del killer delle coppiette la ricerca di Lorenzo Iovino, ematologo italiano che lavora negli Usa, dove si occupa di trapianti di midollo”.
Il riferimento è all’omicidio di Mauriot e Kraveichvili, uccisi a Scopeti. Nel 2015 infatti, era stato ritrovato tra i reperti uno dei proiettili conficcati nel cuscino nella tenda in cui dormivano i due ragazzi, e che è stato poi analizzato tre anni dopo, nel 2018 dall’equipe guidata dal genetista Ugo Ricci.
E proprio grazie agli accertamenti condotti da questo gruppo di lavoro, si è riusciti a rintracciare un profilo genetico ricorrente nei diversi omicidi. È stato l’ematologo italiano Lorenzo Iovino a spiegare meglio questa scoperta ai giornalisti di repubblica: “Il secondo Dna sul reperto V3 non solo non è compatibile con quello delle vittime e del secondo perito balistico che aveva maneggiato il reperto, ma neanche con quello di alcuni indagati, o delle tracce di Dna di altri sconosciuti isolate da Ricci sui pantaloni di Jean Michel e sulla tenda”.
Per questo, alla luce di questi nuovi elementi, gli avvocati delle vittime chiedono adesso che si proceda a fare tutte le comparazioni possibili con gli altri delitto imputati al Mostro di Firenze, a partire dalla riesumazione del corpo di Stefania Pettini, uccisa a Vicchio il 14 Settembre del 1974 insieme a Pasquale Gentilcore.
La donna infatti ha lottato contro il suo assassino prima di morire, e questa fa ipotizzare molti che potrebbero trovarsi, per questo motivo, delle tracce biologiche sotto le unghie della donna. Un’operazione molto difficile considerato che parliamo di un delitto avvenuto dai decenni fa, ma che per l’avvocato Adriani va comunque fatta: “Sappiamo dalla consulenza del medico legale che potrebbe aver lottato con l’assassino, non è impossibile pensare che dei campioni biologici siano rimasti per esempio sotto le unghie. Certo, è possibile che non si trovi nulla, per il tempo trascorso o per lo stato di conservazione del cadavere troppo deteriorato. O che, anche in caso di esito positivo, il Dna possa essere incompleto o non comparabile. Resta il fatto che nei casi non risolti bisogna tentare tutto il tentabile”.